Morti metaforiche,
morti volontarie, omicidi, morti collettive, catastrofi, morti rituali,
personaggi che decedono, che vengono meno, che periscono, che soccombono. Che
muoiono nel corso della storia o che sono morti prima. Che muoiono per sbaglio,
per colpa loro o per un attimo di cedimento. I racconti di Cento modi per
morire spaziano dal quadretto familiare (mai idilliaco) all’invenzione di
futuri possibili (in cui, per esempio, le idee sono bandite, o un vermetto
vuole divorare l’universo). Uno stile sorvegliatissimo e una ricchezza
lessicale a tratti vertiginosa rendono Cento modi per morire un libro colto e
piacevole, intrattenimento e spunto di riflessione.
Bartolo Anglani ha
insegnato Letterature Comparate all’Università di Bari e Letteratura Italiana
in università statunitensi (Brown, Harvard) e francesi (Parigi, Besançon,
Strasburgo, Grenoble). Ha pubblicato libri e saggi sull’autobiografia, su
autori e filosofi del Settecento (Goldoni, Rousseau, Baretti, Diderot, Ortes,
Alfieri, Verri, Parini), su Verga, su Leopardi, su Gramsci. Un suo romanzo
inedito entrò in finale nel primo Premio Calvino (1985), e inedito rimase. Ha
scritto testi per il teatro: Il fantasma di Arlecchino (1993), messo in scena
dalla compagnia La DifférAnce diretta da Elvira Maizzani, e Viaggio al termine
della Rivoluzione (2001), curato da Paola Martelli. La passione per la
scrittura lo ha accompagnato per tutta la vita.
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