La congiura dei Baroni costituisce
il momento culminante della lotta fra la nobiltà feudale del Regno e i Re
Aragonesi, decisi a stroncare una volta per tutte, la prepotenza dei grandi
feudatari, servitori quanto mai infidi, pensosi soltanto di mantenere, contro
ogni progresso civile e sociale, i loro privilegi e a ricercare oltre confine,
appoggi e sostegni inconciliabili con quelli dei loro legittimi sovrani.
Maturata lentamente, essa venne
perfezionata nel convegno dei Melfi cui presero parte, fra gli altri, Pirro Del
Balzo, Gran Connestabile e Principe di Altamura, Antonello Sanseverino, Gran
Camerlengo e Principe di Bisignano, Pietro Guevara, Gran Siniscalco e Marchese
del Vasto, Giovanni della Rovere, Prefetto di Roma e Duca di Sora, copertamente
sostenuti dal segretario del Re
Antonello Petrucci e da Francesco Coppola, Conte di Sarno.
I congiurati scesero in campo
aperto all'indomani dell'insurrezione dell'Aquila ( fine Settembre 1485 ),
città dominata dalla famiglia Camponeschi, di fazione Angioina che,
richiamandosi ad antichi privilegi, si era rifiutata di sottostare al pagamento
delle imposte, uccidendo i regi ufficiali e inalberando le insegne del Papa.
Appoggiati da Innocenzo VIII, che
procurò loro l'aiuto del suo capitano, Roberto Sanseverino, i congiurati, dopo
un vano tentativo di coinvolgere a loro favore il secondogenito dei Re,
Federico, amato generalmente per la sua mitezza quanto il primogenito Alfonso,
Duca di Calabria, che era odiato per il suo carattere superbo e crudele,
diedero, a Salerno, avvio alla guerra, il cui unico scontro di un certo livello
fu la battaglia di Montorio ( 7 maggio 1486 ), tutt'altro che decisiva e combattuta
'' si poco ardore guerriero che per quanto si disse non vi furono né morti
né feriti ''.
Essa venne virtualmente vinta dal
Duca di Calabria e dal Trivulzio che poté avvicinarsi a Roma gettando la città
'' in grandissima confusione '' .
Persuasi Innocenzo VIII dalla necessità di iniziare trattative di pace, queste venivano conclusione in Giugno con l'impegno per Ferdinando D' Aragona di assicurare perdono e impunità a tutti i Baroni che si fossero sottomessi.
Ma prima ancora che la pace, già
fissata, venisse pubblicata, l'Aragonese, subdolamente, faceva arrestare il
Petrucci e i suoi figli insieme con il Conte di Sarno, provocando così una
nuova insurrezione dei Signori.
Sgominati e sottomessi ad uno ad
uno dal Duca di Calabria ( Ottobre- Dicembre 1486 ), processati e condannati a
morte il Petrucci e il Conte Sarno ( 1487 ), quasi tutti i Baroni ribelli,
finiti in carcere negli anni seguenti, venivano, nella notte di Natale del 1491
'' ammazzerati '', cioè chiusi dentro sacchi con pietre e gettati in mare.
A giustificazione del suo
comportamento, Ferdinando faceva diffondere dai suoi ambasciatori per tutto il
Regno, una nota in cui affermava che quei signori erano caduti '' dal
beneficio della pace '' per il loro tradimento verso il legittimo sovrano e
che perciò lui si riteneva libero '' da omni promissione facta ''.
Sottolineando il rischio che il
suo Stato avrebbe corso se non avesse provveduto a tempo, si diceva convinto
che '' lo nostro Stato sarìa in breve andato in extremo periculo '' e
che solo la sua prontezza nel prendere adeguati provvedimenti lo aveva salvato
da rovina certa.
Non aveva tutti i torti.
Non passeranno pochi anni che i
Baroni superstiti saranno fra i più tenaci sostenitori verso Carlo VIII della
spedizione contro il Reame e ancora, nei due secoli del viceregno , sempre la
stessa casta signorile costituì il maggior problema di governo della Spagna. (redazione a cura di Anastasia Leo)
Nessun commento:
Posta un commento