martedì 13 ottobre 2015

Michele Pierri, il poeta illuminato. Intervento di Paola Bisconti






















Ho conosciuto la poetica di Michele Pierri una decina di anni fa quando la mia gavetta da aspirante giornalista stava per terminare. Era un periodo della mia vita ricco di aspettative, sogni, progetti e ambizioni. E quando si racconta la storia di un poeta non lo si può fare senza fare un accenno alla propria perché è così che va. Se il lettore incontra una certa scrittura non è mai per caso, un po’ come accade con gli amori infatti è di amore che scriverò.
Nella sfolgorante rispolverata dei poeti salentini del Novecento che sta accadendo nel leccese negli ultimi anni, è costante una grande assenza. Si tratta di un’ingiustificabile distrazione da parte di molti che poco o nulla fanno per riportare alla memoria Michele Pierri, un uomo, un poeta, un medico che dalla vita trasse poesia e la poesia trasformò in vita.
Il legame che Pierri ebbe con Alda Merini è certamente una nota di notevole spessore nella sua biografia ma il rapporto per quanto profondo, sincero e intenso sia stato non fa emergere in toto la grandissima personalità del poeta napoletano di origini, pugliese d’adozione e salentino nell’animo. Nei quattro anni trascorsi con Alda Merini, Michele Pierri era già molto anziano e la loro convivenza era particolarmente difficile anche per via del ricovero di lei seppur per breve tempo, nell’ospedale civile di Taranto che lasciò nella poetessa milanese inconsolabili ferite. Fu proprio grazie al loro incontro tuttavia che Alda Merini ritrovò il desiderio di esternare i suoi pensieri nella poesia sempre talmente piena e armoniosa così come accadde per Pierri la cui presenza di Alda Merini gli consentì il placarsi del doloroso travaglio poetico vissuto in seguito alla scomparsa della moglie Aminta. Entrambi quindi colsero i benefici di una unione sui generis.
Ma veniamo al Salento e al sodalizio che andava formandosi quel 3 gennaio 1948 a Lucugnano, frazione di Tricase. Nel palazzo baronale di Girolamo Comi insieme a Oreste Macrì e Michele Pierri si diede vita all’Accademia Salentina e ad essa aderirono numerosi intellettuali provenienti dalla vicina Lecce, ma non solo. Gli scritti erano pubblicati sulla celebre rivista “L’Albero” che si distingueva per qualità e nozioni dal resto dell’editoria del tempo. L’albero di ulivo si affermò come vessillo di una cultura che nasceva, cresceva e si sviluppava in quel “Sud del Sud” dove la produzione dell’olio faceva parte del sistema economico del territorio, lo stesso Girolamo Comi aveva avviato un oleificio.
Nel primo fascicolo de “L’Albero” Michele Pierri pubblica una serie di pensieri sull’etica della poesia e la sua funzione nella società. Il più noto tra i suoi scritti presenti nella rivista è senza dubbio il poemetto “Chico ed io” nel quale racconta la gioia che gli procurava una piccola gazza che ogni giorno faceva dolcemente irruzione nella sua quotidianità e con i suoi piccoli voli, l’uccello alleggeriva il peso di un’esistenza provata dall’assenza della moglie ormai deceduta. La tenera bestiola dopo pochi giorni muore e a lei Pierri rivolge le liriche che compongono il poemetto il quale ha un lungimirante significato divino. Lo si legge chiaramente nella prefazione “Possa questo libretto […] suggerire agli uomini un pietoso pensiero verso tutti gli esseri sensibili; allargare la cognizione del dolore extra-umano non è conquista inferiore a quella degli spazi”.
Quando si parla di divino non si intende necessariamente l’aspetto religioso ma come spiega il figlio Giuseppe Pierri, si tratta di “Un Dio da cercare dentro se stessi, una fede di ragione più che di grazia”. Pierri infatti nel corso della sua giovinezza compie un approfondito studio delle religioni ed è particolarmente affascinato dal pensiero orientale tanto da diventare buddista per poi convertirsi al cristianesimo. Per lui la fede dev’essere conquistata nei gesti della quotidianità, intesa come impegno morale. La sua ammirevole dedizione come medico chirurgo offerta ai pazienti siano essi dell’ospedale di Taranto dove ha lavorato a stretto contatto con Giuseppe Moscati o per gli emigranti a bordo dei piroscafi in viaggio verso l’America latina, ne è la prova.
La poesia di Pierri si spiega quindi come necessità dell’anima, percorso di ricerca spirituale, esigenza intima, parola che cerca di tradursi nella bellezza etica. L’arte poetica altro non è che il risultato delle sue esperienze di vita.
Nato nel 1899 Michele Pierri ha preso parte al conflitto bellico sul fronte della Dalmazia; ha vissuto esperienze operaie ed anarchiche a Parigi poi il matrimonio con Aminta Baffi e la stabilità nella famiglia numerosa (Michele Pierri aveva undici figli); la lotta al fascismo con lo studio delle dottrine sociali, del marxismo e l’adesione al partito comunista clandestino; la carcerazione politica; la guerra d’Africa del ’36 e la costante passione letteraria che lo accompagna sempre tanto da scrivere il romanzo “Il Bruto” basato sulla fondamentale importanza della lotta al potere.
La meticolosa ricerca a livello stilistico apprezzabile in ogni componimento contribuisce a rendere la poetica di Pierri ineguagliabile, consolatoria, audace. È in ogni singola parola letta che ho coltivato la passione per ciò in cui credo. È nell’azione della scrittura che io trovo il coraggio di renderla gesto concreto. Non c’è parola scritta che non sia preceduta o posticipata da un mio atto di solidarietà e giustizia. È questo ciò che intendo quando parlo di amore tra me e la poesia di Pierri. La coerenza tra la verità scritta e quella realizzata.

Consiglio di lettura
“L’unghia del leone” di Aminta Pierri, edizione Witty Kiwi books, novembre 2014
Il libro è un omaggio al proprio nonno, non per descriverlo negli aspetti della sua vita, di poeta, di uomo, compreso quello di medico chirurgo che avviene attraverso vecchie foto in un ospedale da campo della guerra d’Africa del 1936 e con un suo disegno, nella seconda e terza di copertina, d’anatomia del cuore, lui che ebbe cuore per tutta l’umanità, per tutti gli esseri viventi e che da giovane si disegnò nelle volute vesti di buddista; il libro è molto di più, una fusione vitale con lui.  (Giuseppe Pierri)

nella foto Michele Pierri 


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