venerdì 20 maggio 2016

Moulin Rouge di Pierre La Mure per Meridiano Zero dal 26 maggio 2016 in libreria



Un romanzo storico sul grande pittore Henri de Toulouse-Lautrec, che nel corso della sua breve e travagliata esistenza riuscì a conquistare la fama ma non l’amore. Moulin Rouge è la storia dell’ultimo rampollo di una famiglia di antica nobiltà che, irrimediabilmente segnato nel fisico, fugge dal suo ambiente per approdare a Montmartre, culla degli anticonformisti e degli artisti incompresi. Deforme, ammalato, assetato di gioia, Henri de Toulouse- Lautrec si trova costretto a cercare la felicità nel vizio e nell’arte. L’incantevole mondo parigino fin de siécle viene rievocato in queste pagine con rara efficacia e profondità di indagine. Fra la Torre Eiffel e il Moulin Rouge si muove una schiera di personaggi famosi e ignoti, tutti indimenticabili: Debussy e la bionda canzonettista Jane Avril; lo scrittore Oscar Wilde e l’assassino Caillette; il geniale e sofferente Vincent Van Gogh, il suo preoccupato fratello Theo e l’inquieto Gauguin; Degas, Pissarro e Seurat; Anatole France e La Goulue, ballerina di cancan. Ma fra tutte le figure femminili del libro, quattro dominano l’azione. Denise, la jeune fille che per prima diede a Henri l’esatta misura della sua infelicità; Marie Charlet, la figlia della strada, di cui egli fu schiavo per un breve periodo desolato; Myriam, creatura enigmatica e avida, che gli donò se stessa per pietà, e per pietà dovette abbandonarlo. E infine, la madre, la contessa Adèle, sublime esempio di martire silenziosa che si dedicò al suo pietoso compito d’infermiera e di consolatrice.

Pierre La Mure (1899-1976) è stato uno scrittore francese che ha ottenuto fama internazionale grazie a questo romanzo pubblicato nel 1950 e tradotto in sedici lingue. Da Moulin Rouge fu tratto un fortunatissimo film diretto da John Houston e una commedia in tre atti. Numerosi i suoi romanzi storici ispirati a figure realmente esistite, fra cui Beyond Desire, sulla vita di Cécile e Felix Mendelssohn, e il biografico Claire de Lune, dedicato alle battaglie del compositore francese Claude Debussy.


martedì 17 maggio 2016

“Ode al vento (Una historia de antípodas)” di Pietro Berra (iQdB Edizioni di Stefano Donno) oggi in Cile alla Casa Museo di Pablo Neruda























Incontro con la poesia di Pietro Berra (Italia) e letture dal suo ultimo libro “Ode al vento” (Una historia de antipodas) edito da iQdB Edizioni di Stefano Donno . Presenta: Mariagrazia Muscatello
Martedì 17 maggio, ore 19, Fondazione Pablo Neruda / Casa museo La Chascona,  Fernando Márquez de la Plata 0192, Barrio Bellavista, Providencia (Santiago de Chile)
La sesta raccolta di poesie di Pietro Berra, con testo a fronte in spagnolo a cura del poeta cileno Mario Castro e di Mirna Ortiz, è un viaggio sentimentale, letterario e metaforico tra due paesi, l’Italia e il Cile, lontani geograficamente, ma sornpredentemente vicini dal punto di vista umano. Una ricerca di luoghi dell’anima, seguendo l’ispirazione dell’amore, dei paesaggi, della poesia (di Pedro Salinas e Pablo Neruda, in particolare) e degli emigranti del secolo scorso. “Ode al vento (Una historia de antípodas)” (42 pagine, 7 euro) del comasco Pietro Berra, alla sua diciannovesima pubblicazione in volume, la sesta in versi, propone un viaggio tra l’Italia e il Cile, che combina sogno e realtà, richiami poetici (un’eco di Neruda è presente, non a caso, fin dal titolo) e affettivi (la donna amata, che sulle ali della poesia si è trasferita da Santiago al lago di Como), stagioni della natura e della creatività umana, storie d’amore e di emigrazione. Il libro è inserito nella collana di poesia delle edizione I Quaderni del Bardo Edizioni curate da Stefano Donno, che puntano a recuperare il valore umano e sociale della parola poetica, vivendo nel rapporto diretto tra l’autore e il suo pubblico, fatto di incontri, più che di semplici presentazioni, anche a domicilio. E da una serie di incontri è nato questo libro: in primis quello tra Pietro Berra e Mirna Ortiz Lopez, che “Da opposti cieli guardavano / la stessa luna di novembre. // Lui dalla terrazza sospesa / tra il castello del Barbarossa / e le cime dei noci. / Lei sopra l’insegna del centro /commerciale di Ñuñoa” e poi con il poeta cileno (che vive tra la Svezia e la Romania) Mario Castro Navarrete, curatore della traduzione dei testi in castigliano con la collaborazione della Ortiz Lopez. Anfitrione di questi incontri il grande poeta spagnolo della generazione del ’27 Pedro Salinas (Mirna gli ha dedicato un gruppo su Facebook, che è stato luogo di conoscenza prima di quelli materiali) cui è dedicata l’epigrafe che apre il volumetto (“I cieli sono uguali / guardarli ci avvicina”). Le poesie sono tutte inedite, tranne una: la già citata “Luna di novembre”, che lo sorso settembre fu lanciata su piazza Duomo a Milano, assieme ai testi di altri autori cileni e italiani, in uno dei “Bombardeos de poemas” che il collettivo Los Casagrande sta organizzando da 15 anni nelle città che subirono ben altri bombardamenti durante le guerre. In quell’occasione di realizzò il finale, in qualche modo profetico, della poesia: “La notte che taglieranno il cielo / con un aereo per abbracciarsi / dall’altro lato del sipario / alzate la testa ai sogni: / sul mondo pioveranno bombe / di poesia”. Così come sono diventati materia e storia i versi della poesia che dà il titolo al libro, simbolicamente riportati sul risvolto di copertina: “Vento il mio cuore a forma di foglia / fallo volare fino alla casa / di Neruda, fa’ che si posi sul mosaico / del pavimento accanto ai miei piedi”. Un libro che è testimonianza della forza vitale della parola poetica e invito a seguirla con l’anima e anche con il corpo.

iQdB edizioni di Stefano Donno  (i Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno)
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mercoledì 11 maggio 2016

Norimberga. Processo al Terzo Reich (Novembre 1945-Ottobre 1946) di Giuseppe Mayda. Per Odoya in libreria dal 26 maggio 2016



Tra il 20 novembre 1945 e il primo di ottobre 1946 si tenne quello che oggi chiameremmo un “maxiprocesso” al nazismo. Mayda è stato uno dei grandi interpreti di quel momento: la sua prosa non solo tiene incollati alla pagina, ma dà anche conto di tutte le implicazioni di quel momento storico fondamentale. Chiaro e leggibile, puntuale e scorrevole: è il libro da riscoprire nel settantesimo anniversario del processo di Norimberga. La città venne scelta per due motivi. Da un lato per valore simbolico: fu teatro della promulgazione delle omicide leggi razziali (1935). Mentre dall’altro per ragioni di carattere pratico: era l’unica città tedesca che poteva ancora fornire, pure nella devastazione, strutture solide atte allo scopo. Il primo tribunale internazionale americano-russo-inglese e francese che si occupò di crimini contro l’umanità nacque nonostante i tentennamenti di Stalin, che avrebbe preferito «la sola giustizia dei plotoni di esecuzione». Si decise di circoscrivere ai fatti relativi alla guerra e allo sterminio degli ebrei i lavori di quell’organo giudicante: altrimenti gli americani avrebbero dovuto rispondere di Hiroshima e Nagasaki e Stalin stesso dell’eccidio di Katyn (a questo misterioso episodio Mayda dedica un intero capitolo); inoltre l’art. 8 dello Statuto di Norimberga, che poi venne applicata negli Usa e in Inghilterra, sanciva la responsabilità penale individuale e annientava l’appiglio più ghiotto per la difesa: l’adagio assolutorio “stavano eseguendo gli ordini”. Mayda descrive i nazisti catturati e rinchiusi sotto stretta sorveglianza nel basamento del tribunale nei minimi particolari. Tra di loro spiccano i nomi di Göring, il braccio destro di Hitler, l’Alte Kämpfen Hess dato per pazzo da quando fuggì in Scozia (si rivelò invece perfettamente savio proprio durante il processo), Martin Bormann così abbietto da provocare il disgusto anche negli altri imputati, Schacht che ovviò abilmente al problema del finanziamento degli armamenti, Gusatv Krupp il noto industriale, Von Papen “il furiere di Hitler”, “Von” Ribbentrop ministro degli esteri del Führer e Ernst Kaltenbrunner, l’ultimo capo della Gestapo. Quel momento fu la doccia fredda del risveglio per il sogno malato di questi efferati criminali. Ancora preda della propria mitomania, molti negarono, accamparono scuse assurde o si dissero totalmente certi che quella farsa sarebbe durata poco e le loro gesta sarebbero state oggetto di onorificenze. Ci furono tuttavia delle eccezioni: Ley, capo dei “Lupi Mannari” le cui ultime parole furono «tutti quegli ebrei, mioddio, tutti quegli ebrei» si suicidò in cella. Oppure Hans Frank, il “boia della Polonia”, che per due giorni interi “continua a confessare, ad ammettere, ad aggiungere particolari, senza nascondere nulla”. Tra colpi di scena e pochezze umane, il processo ottenne dei risultati mirabili. Pure senza obbligo di prove come nei tribunali penali nazionali, il processo di Norimberga svolse un lavoro accurato. Il racconto del suo svolgimento è un’impagabile sintesi del periodo nazista: la documentazione e la testimonianza che il presidente Jackson e gli altri “addetti ai lavori” ci hanno lasciato sono uno dei più importanti moniti da consegnare alle generazioni future.

Giuseppe Mayda, ligure, è stato giornalista e studioso di storia del fascismo e del nazismo. Con Nicola Tranfaglia ha pubblicato un’antologia sulla Seconda guerra mondiale, Come ci hanno visti (1965). Tra le sue numerose pubblicazioni, per Mursia: I dossier segreti di Norimberga.

domenica 8 maggio 2016

Tarantulae – La notte della Taranta di Maurizio Nocera (iQdB Edizioni di Stefano Donno) per il Maggio dei Libri alla Biblioteca “G.Rizzo” di Cavallino (Lecce)



Tarantulae – La notte della Taranta di Maurizio Nocera (iQdB Edizioni di Stefano Donno) sarà presentato per il Maggio dei Libri e con il Patrocinio del Comune di Cavallino nell’ambito del progetto Autori a domicilio, da Alessandro Laporta (bibliotecario) e l’editore Stefano Donno  presso la Biblioteca Comunale di Cavallino “G.Rizzo” di  Via Amendola il 10 maggio 2016 ore 17,00. È da molto tempo che Maurizio Nocera si dedica alla ricerca sul Tarantismo (ne troverete testimonianza nella ricca bibliografia che chiude questo pamphlet), un modo per stare con i piedi, con le mani e con il pensiero nella Terra, con la sua Terra e con tutto il carico simbolico e magico che concima e cresce la particolarità salentina. In questo poema – “scritto a Badisco, forse in una notte d’agosto del 2015, davanti al mare che parlava alla luna”, Maurizio Nocera rende omaggio, a tre grandi personalità: il danzatore Giorgio Di Lecce, il tamburellista Uccio Aloisi, lo studioso Sergio Torsello. Loro, con la complessità del tarantismo, a vario titolo, hanno avuto a che fare, segnando la storia di questo fenomeno nella contemporaneità. Poi, “La Notte della Taranta”, la catarsi collettiva, il fascino e il richiamo di una forma antica e il suo resistere al e nel Tempo. Il sibilare e il battere delle pelli dei tamburelli muove ancora il cercare… Non c’è quiete, tutto si fa ritmo, musica; quella anima del Salento, essenza del “sentire”, prima arte, sua intima poesia. La Notte di Melpignano di questo “sentire” è manifesto e laboratorio. C'è una Taranta, un “morso” necessario, quello che il tempo provoca con le sue storture: il brutto che invade, la precarietà, il disagio, la guerra sempre presente nelle cronache del Mondo. Un “morso” che chiama alla presenza. La musica di questo deve farsi carico. La catarsi della festa non è evasione, distrazione, dimenticanza, pausa. Nell'incanto della trance è sempre necessario trovare l'energia della consapevolezza. “Bellu l'amore e ci lu sape fare” canta la pizzicarella: un amore largo, vasto per quanta è vasta la terra. Accoglierla per intero significa portarla alla sua essenza di natura, d'Amore, appunto. Abbraccio che si oppone, resiste e tenta di trovare soluzioni, il passo possibile, la necessaria armonia. (Mauro Marino)

Maurizio Nocera è nato a Tuglie, nel Salento, nel 1947. Numerosissime le sue pubblicazioni e le iniziative editoriali che lo vedono coinvolto. E’ socio ordinario della Storia Patria per la Puglia dal 1980.

iQdB edizioni di Stefano Donno (i Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno)
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sabato 7 maggio 2016

Sul numero di Maggio di Poesia edito da Crocetti si parla del nostro Tarantulae di Maurizio Nocera


Guida alla musica dei balcani e del caucaso di Gianluca Grossi. Per Odoya dal 26 maggio 2016



Nell’intento di rappresentare tutti i paesi dell’area balcani-caucaso, Gianluca Grossi tratta una lista di artisti veramente formidabili. È la sua capacità di sintesi a rendere la Guida maneggevole oltre che completa. Un vademecum veramente imperdibile per l’appassionato delle melodie dell’Est, un libro che converrà portare sotto braccio al negozio di dischi di fiducia. Vera e propria moda da quando Goran Bregović e Emir Kusturica – questo recentemente proclamato Maestro Concertatore durante la “Notte della Taranta”, massimo festival di world music sul nostro territorio – hanno collaborato alla costruzione dell’immaginario cinematografico (certo un po’ edulcorato) dei paesi dell’ex Jugolsalavia; la musica balcanica è in realtà ben altro che canti melodiosi e frenetiche sessioni di fiati.  Per esempio il vitale mix di generi (elettronica, ska, dub etc) del gruppo di Sarajevo Dubioza Collective, qui definiti “geniali, roboanti, caleidoscopici, eccitanti”. Da “fuorilegge” della musica noti con Free.Mp3 (The pirat bay song) a gruppo da milioni di download, i Dubioza negli anni hanno attirato le collaborazioni di Roi Paci, Manu Chao e Bill Gould dei Faith no more… In Croazia, anzi, per la precisione in Dalmazia, è la musica klapa a riempire le arene di spettatori: dagli anni duemila questo genere tradizionale è tornato di moda. Il festival dedicato alla musica klapa, che si tiene ogni anno a Omiš, vicino a Split, coinvolge ogni anno migliaia di giovani. Mica male per un genere che comprende canto tenorile maschile e lo strumento classico croato a corde, la tamburica. Se parlare di rebetiko greco (sì, c’è anche un folto capitolo dedicato alla Grecia) dopo l’album di Capossela Rebetiko Gymnastas non è più una novità, ma solo un approfondimento dovuto, è con Armenia, Georgia, Moldavia, Bulgaria e Cipro che forse i più scafati troveranno primizie esotiche per le loro discoteche. Basti pensare all’immortale fascino delle misteriose voci femminili bulgare che con un coro di 24 elementi e l’album Le Mystère des Voix Bulgares: Ritual arrivarono, grazie al produttore Marcel Cellier a vincere nel 1990 nientemeno che un Grammy! Ma se niente ancora vi ha impressionato, pensate che molti di voi, nella fantastica Milano da bere del 1984, danzavano al ritmo di People from Ibiza del croato naturalizzato Cecchetto Sandy Marton. Con l’ormai famosa impaginazione delle guide alla pop culture Odoya, il lavoro di Grossi (Osservatorio Balcani e Caucaso tra le altre testate su cui scrive) è completo di corredo iconografico, per aiutare l’immaginazione nella scoperta di un mondo spesso geograficamente vicino, ma abbastanza sconosciuto.
Gianluca Grossi lavora come giornalista scientifico per i principali quotidiani e riviste nazionali. Cura diversi blog, fra cui Spigolature Scientifiche, da lui creato nel 2008. Ha scritto di musica per Buscadero e Rolling Stone e nel 2012 ha pubblicato La musica dell’assenza (Arcana) e Guida alla musica francese (Odoya, 2014). Suoi lavori di narrativa sono apparsi sulle riviste letterarie Inchiostro e Prospektiva. Suona e canta nella band folk-rock Radio Corneliani.